omega #5 / Fumetti, plagio e supereroi
Le accuse del fumettista Adi Granov al collega Francesco Mattina hanno fatto divampare nuovamente le polemiche sul rapporto tra AI generativa e plagio
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Questo articolo è a cura di Roberto Pizzato.
La settimana scorsa è salita nuovamente alla ribalta una polemica iniziata quando l’intelligenza artificiale generativa permette di creare immagini: quella che riguarda il rapporto tra originalità, creatività e plagio.
Il fumettista Adi Granov, famoso per aver disegnato diverse copertine della Marvel e per i suoi lavori sul personaggio di Iron Man, ha accusato il collega Francesco Mattina, conosciuto come MATT, di aver utilizzato l’AI generativa per uno dei suoi ultimi lavori per DC Comics. Sulla sua pagina Facebook, Granov attacca frontalmente il visual artist italiano:
Quando i generatori di immagini sono venuti alla ribalta, la prima persona che mi è venuta in mente è stato il plagiatore seriale Francesco Mattina […]. Se non ve lo ricordate, ha fatto un'intera carriera di photobashing dell'arte altrui (inclusa la mia) in qualsiasi cosa vogliate chiamare il suo "lavoro". Non scrivo mai di artisti che non mi piacciono, ma non lo considero un artista né posso nascondere la mia avversione per il continuo e palese plagio. Comunque, ecco la sua nuova copertina. Non solo è un imbroglione, ma non è nemmeno abbastanza bravo da nascondere il clamoroso errore su uno dei simboli più iconici di tutta la cultura pop.
La copertina incriminata mostrerebbe un dettaglio che ne renderebbe evidente la creazione con l’intelligenza artificiale generativa. Si tratta di un errore piuttosto evidente nella “S” di Superman che mostrerebbe come l’immagine creata con la gen AI sia passata inosservata, o forse sia stata accettata senza saperlo, dal committente DC Comics.
La prima riflessione da fare forse è proprio questa, se chi ha commissionato la copertina non lo notato, viene da chiedersi quale tipo di meccanismo di controllo e capacità di curatela possano esserci in una delle case editrici di fumetti più celebri al mondo. Uno dei problemi potrebbe risiedere proprio lì, in quelli che in inglese vengono chiamati i gatekeeper di una certa sfera culturale. A svalutare il lavoro culturale non è tanto, o meglio solo, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa, ma la mancanza di capacità di capire quando quello che ha prodotto è di scarsa qualità. E se questo non avviene all’interno delle case editrici, di riflesso difficilmente il pubblico capirà il valore di un prodotto culturale e di quello che ci sta dietro. Tuttavia, almeno in questo caso, il pubblico sembra essere stato più attento dell’editor che se ne sarebbe dovuto accorgere.
Alle accuse di Granov è seguito il tweet di un altro illustratore, Scott Williams, che ha commentato la cosa con tre parole inequivocabili.
Le polemiche scaturite dalla controversia hanno portato DC Comics a sospendere l’uscita delle cover incriminate. L’utilizzo dell’AI generativa nel mondo dei fumetti, ed in generale delle arti visive, è in aumento e la polemica sul fatto che sia effettivamente arte, o in realtà plagio perché quello che produce si base su dataset di artwork umani esistenti, non è nuova. In questo caso però il problema del plagio non sarebbe relativo solo all’utilizzo di questa tecnologia, ma piuttosto a comportamenti che si sarebbero ripetuti nel tempo.
Altre accuse a Mattina erano arrivate già nel 2017 e nel 2019, quando era finito nel mirino della critica per la somiglianza di alcune sue copertina con altre create da colleghi come Ian MacDonald e Lee JeeHyung.
Dal canto suo, Francesco Mattina non ha ancora risposto alle critiche.
Il plagio non è una novità nel mondo della creatività e dell’arte, ma la facilità di replicare immagini esistenti con l’intelligenza artificiale generativa pare avere esacerbato il problema. Le accuse di Granov connettono due questioni: il plagio vero e proprio, e l’utilizzo di gen AI come pratica che di fatto sdoganerebbe una forma di plagio automatizzato, che potremmo definire plagio by design. Questa seconda parte della discussione è in fondo l’unica veramente interessante, l’accelerazione di un fenomeno esistente fino a farlo diventare sistemico.
Non solo, secondo Granov, il suo collega sarebbe un plagiatore seriale, ma ora utilizza anche una tecnologia che fa del plagio il suo business model. Come dimostrato da Reid Southen, illustratore e film concept artist, semplici prompt ripropongono fermi immagine di film praticamente identici a quelli reali.
In fondo è quasi tautologico: se l’intelligenza artificiale generativa riesce a creare immagini tanto realistiche da sembrare vere è proprio perché viene allenata sulle contenuti originali, che replica probabilisticamente in modo pressoché identico, senza il consenso degli autori. Lo stesso vale per i testi, come sta cercando di dimostrare la causa legale per uso improprio di materiale protetto da copyright da parte del New York Times. Il concetto stesso dei suoi creatori è di replicare l’output umano, e visto che a livello di ragionamento il gap sembra ancora notevole, il modo più semplice di avvicinarvisi è quello di replicarlo nel modo più fedele possibile.
Se qualcuno ha copiato il lavoro di un altro, davvero in pochi potranno difendere il valore artistico di quello che ha prodotto. Ma se lo fa una macchina, come reagiremo? E se la “copia” aggiunge qualcosa a quello che già esiste, quello che ha fatto non ha forse un valore intrinseco? Utilizzare l’AI generativa per creare un fumetto, ne svuota il significato artistico o lo arricchisce? Non è in fondo l’intera storia dell’arte a raccontarci che copie, plagi e ispirazioni più o meno diretta sono l’essenza stessa dell’evoluzione artistica?
Lo scorso anno, Lev Manovich, artista, autore e teorico di cultura digitale, descriveva così il ruolo della copia nella storia dell’arte.
A mio parere, i musei che presentano la storia dell'arte attraverso la lente del Modernismo e che enfatizzano l'unicità e l'originalità non ci permettono di apprezzare appieno l'importanza della copia dal punto di vista storico. [...] Questo pregiudizio campionario verso l'unicità non riflette la cultura delle copie e delle piccole variazioni. L'universo di immagini di IA create da dilettanti oggi ci ricorda come le culture hanno sempre operato: attraverso una costante imitazione e piccole modifiche.
La creazione automatizzata di immagini basate su immagini esistenti, prese senza consenso e senza pagarne i diritti, è un furto, una violazione dei diritti d’autore? E ancora, se un visual artist crea qualcosa con un prompt, un comando vocale o scritto a un’intelligenza artificiale generativa, possiamo ancora chiamarla arte?
I più critici spesso dimenticano anche dietro la creazione di manufatti sintetici ci sia del lavoro, come ci aveva raccontato qualche mese fa Francesco D’Isa, che avevamo intervistato dopo che era finito al centro di una polemica sulla creazione di Sunyata, un fumetto la cui parte visuale era stata interamente "fatta" con AI generative.
Il valore del lavoro, creativo o meno, è il problema più vicino al grande pubblico. La gestione dei diritti d’autore e il plagio sono temi ampiamente discussi da ben prima di MidJourney o ChatGPT, e forse, come suggerisce proprio Francesco D’Isa, andrebbero affrontati cercando le risposte nel sistema economico e giuridico vigente. Le macchine in fondo, ne sono solo il prodotto.
Per concludere, visto che a fare scaturire questa polemica sull’uso dell’AI generativa è stato il sospetto suscitato da un errore scovato un’immagine sintetica, qui sotto trovate la breve guida scritta dal Guardian per capire se un video è in realtà un deepfake. Almeno fino a quando questi errori saranno evidenti all’occhio umano.
E con questo è tutto per questa settimana. Vi salutiamo e vi ricordiamo che se ancora non lo avete fatto potete iscrivervi usando questo box.
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Alla prossima!